L’idea che il passaggio dalle fonti fossili alle rinnovabili sia insostenibile economicamente non regge più; anzi questo cambio va fatto rapidamente, perché non abbiamo più tempo. Così Arturo Lorenzoni dell’Università di Padova in un recente convegno dell’Associazione italiana economisti dell’energia.
In cui afferma che l’emergenza climatica, quella geopolitica e la pressione sui mercati che stiamo vivendo indicano delle risposte che vanno nella stessa direzione, cioè la necessità di sostituire i combustibili fossili con le energie rinnovabili che possono dare riscontri molto efficaci già a breve termine ma sicuramente nel medio-lungo periodo.
Secondo Lorenzoni, il quadro è chiaro: sostituire i combustibili fossili su una scala temporale breve-media si fa sempre più stringente e il superamento della dipendenza, sempre più onerosa, dalle fonti fossili si raggiunge solo con le rinnovabili e la maggior efficienza negli usi finali.
Per quanto la produzione elettrica, l’energia termica per il riscaldamento e i processi industriali e i trasporti siano in fasi diverse del percorso di decarbonizzazione – e quindi alcune applicazioni siano più avanti di altre – nessun ambito è esente da quella che Lorenzoni ha tenuto a definire una vera e propria svolta energetica.
“Non la chiamerei ‘transizione’, ma piuttosto ‘svolta’ – ha detto il professore dell’ateneo patavino – perché una transizione non ce la possiamo permettere, non abbiamo i tempi per gestire un cambio in modo così morbido”.
“La guerra deve essere un acceleratore del processo, non un freno”, ha dichiarato. “Il processo è impegnativo, ma attiva una nuova economia, con rilevanti ricadute locali e un nuovo assetto economico, dove la forte prevalenza dei costi capitali rispetto a quelli operativi per le Fer rende il costo dell’energia conosciuto e stabile nel tempo”, con tutti i vantaggi che ne conseguono in termini di pianificazione, strategia e immunità “dai ricatti che hanno messo in crisi l’economia nell’ultimo mezzo secolo”.
Bisogna guardare al ruolo dell’Europa nella riduzione delle emissioni globali in una prospettiva più ampia, ha detto Lorenzoni. “È vero che l’Europa pesa solo per il 6-7% delle emissioni globali di gas serra, ma dal punto di vista delle traiettorie tecnologiche l’Europa è leader e spero che lo resterà; è un ruolo importantissimo che deve avere, anche per le conseguenti ricadute economiche”.
Bisogna aggiornare le nostre “categorie di pensiero”, nel senso che non è più possibile pensare alle rinnovabili come si faceva nel 2010, ha detto Lorenzoni, sottolineando come il drastico calo dei costi di fotovoltaico ed eolico abbia completamente cambiato il quadro di riferimento sia economico che tecnologico. Nella tabella il calo dei costi nelle diverse tecnologie.
Eolico e fotovoltaico sono le fonti che hanno i costi più bassi in assoluto. Il nucleare, da tanti sbandierato come soluzione erroneamente ignorata, non è in realtà in grado di competere con le rinnovabili.
In questa prospettiva, a prescindere anche dai rincari giganteschi degli ultimi mesi, il gas perde di attrattiva come fonte di transizione.
Abbiamo un’alternativa, ha sottolineato Lorenzoni, come dimostrano i 755 miliardi di dollari di investimenti nelle rinnovabili nel 2021, con la Cina a fare la parte del leone e a cui è attribuibile la piccola quota di crescita del nucleare.
Quello delle rinnovabili è probabilmente l’unico settore in cui i risultati a consuntivo superano regolarmente le previsioni della fase preventiva, ha detto Lorenzoni.
E nonostante gli enormi ostacoli posti dai colli di bottiglia della catene di fornitura nel 2021, le nuove aggiunte di capacità rinnovabile, pari a 257 GW, sono risultate solo il 3% in meno rispetto al 2020, ma superiori del 41% rispetto ai 182 GW installati nel 2019, che all’epoca fu un anno record.
Tra il 2000 e il 2021, la capacità di generazione di energia rinnovabile in tutto il mondo è aumentata di poco più di quattro volte, da 754 GW a 3.064 GW.
Nel 2021 le nuove installazioni (257 GW) sono state costituite principalmente da impianti fotovoltaici (133 GW), eolici (93 GW) e idroelettrici (19 GW); più contenuta, invece, la potenza incrementale degli impianti a bioenergie (10,3 GW) e geotermici (1,6 GW).
L’affermazione delle fonti rinnovabili dipenderà molto dagli investimenti di breve e di lungo periodo nelle reti e negli accumuli, per gestire i picchi di domanda di mattina presto e di sera, senza i quali non si è in grado di utilizzare in modo adeguato i nuovi impianti, ha chiarito Lorenzoni, secondo cui anche la struttura del mercato elettrico e la formazione dei prezzi elettrici dovranno cambiare.
“Un mercato con un prezzo unico oggi dà dei segnali, come abbiamo visto, fortemente distorsivi delle reali condizioni dei costi del sistema”, ha affermato.
Una possibilità è di creare un mercato duale: uno di lungo termine con contratti di tipo PPA per le fonti rinnovabili e un mercato di breve termine, simile al mercato del bilanciamento, in cui poter gestire le differenze rispetto ai contratti PPA. Credo che una forte crescita dei contratti sulle rinnovabili sia indispensabile, perché oggi legare il market clearing price a fonti che non hanno costi variabili [come il gas], quando queste sono prevalenti sul mercato, è fortemente distorsivo”, ha aggiunto.
Un altro elemento caratterizzante del cambio di paradigma che stiamo vivendo è ben evidenziato dai dati del governo italiano sulle incentivazioni. Quasi due miliardi di euro su 7,8 miliardi di euro di incentivazione per la produzione di energia in Italia sono state appannaggio di attività secondarie delle imprese.
Ciò vuol dire che il settore dell’energia oggi ha coinvolto una parte importante della nostra economia oltre quelli che sono i produttori di energia tradizionali e storici, che fanno quel mestiere in termini prevalenti.
“Questo è un elemento importante: il settore dell’energia non è più appannaggio solo di chi fa quel mestiere, ma diventa una parte delle filiere. Se sono un imprenditore, in qualsiasi settore manifatturiero, devo guardare all’energia come uno dei fattori della mia filiera. Non è più qualcosa che compro da qualcun altro, ma che deve essere parte attiva della mia organizzazione aziendale”, ha spiegato Lorenzoni.
Se in ambito internazionale il nuovo paradigma è stato in parte assimilato o in via di assimilazione, è in ambito locale che creare un ambiente più favorevole agli investimenti diventa un fattore critico, ha detto il docente.
Scontiamo, infatti, una scarsa proattività delle amministrazioni locali, iter autorizzativi troppo complessi e lunghi, con branche dell’amministrazione statale, come le Soprintendenze, che remano ancora contro rispetto ad altre branche e che sembrano un po’ fuori dalla Storia.
Bisognerebbe trarre ispirazione, per esempio, dall’esperienza spagnola, dove le amministrazioni non sono delle controparti, ma dei partner, oppure anche dalle migliori pratiche presenti in alcune regioni italiane.
È quindi palese la necessità di estendere rapidamente il contributo della produzione da fonti rinnovabili e di bilanciare la domanda e la generazione. Secondo il professore dell’Università di Padova questo nuovo equilibrio spingerà il coinvolgimento dei consumatori nella produzione di energia.
Serve anche l’affermazione di un nuovo modello di business per le imprese dell’energia, il cui obiettivo deve essere il servizio, non più la fornitura di un bene, che sia un kWh o un metro cubo di gas. In questo quadro assumono rilevanza le Comunità Energetiche, le Green Communities e gli aggregatori, nuovi soggetti capaci di fornire servizi economici per i consumatori.
La produzione da Fer ha superato il modello d’impresa energetica basato sulle grandi dimensioni. La svolta verso le rinnovabili comporta la ridefinizione dei pesi economici, con un’evidente resistenza da parte degli incumbent, cioè delle compagnie che ancora dominano il mercato. In questo processo ci sono quindi tutta una serie di ostacoli non tecnici.
Allora le nuove condizioni, in cui non contano più solo gli obiettivi economici, ma anche quelli strategici di indipendenza energetica, cambiano ulteriormente il quadro di riferimento.
In sintesi, la scelta strategica nella direzione delle rinnovabili può dirsi coerente rispetto agli obiettivi climatici, economici e strategici, e proprio per questo va accelerata, e non più messa in discussione, ha concluso Lorenzoni.
FONTE ARTICOLO: on line magazine QualEnergia.it/pro