Abbiamo di fronte uno sforzo enorme per avere ancora qualche speranza di limitare l’aumento della temperatura media globale a +1,5 °C entro la fine del secolo e comunque al di sotto dei 2 gradi.
Come va raggiunto?
Prova a definire degli scenari al 2030 e al 2050 il nuovo rapporto Irena (International Renewable Energy Agency), il World Energy Transitions Outlook 2023 Preview (link in basso), i cui numeri in questi giorni sono tra i più citati.
Si parla di oltre 10.000 GW totali (oltre 10 TW) di potenza installata nelle rinnovabili al 2030. Ma oggi siamo a circa 3.000 GW (3 TW), quindi questo target significherebbe installare in media quasi mille GW ogni anno.
Si stima di dover investire complessivamente 35mila miliardi di $ al 2030 nelle diverse tecnologie della transizione green, dalle rinnovabili ai veicoli elettrici, passando per le reti, le soluzioni di efficienza energetica, la produzione di idrogeno e così via.
Con le politiche attuali, le rinnovabili corrono, ma non abbastanza in un percorso compatibile con il traguardo di contenere l’aumento di temperatura media globale a +1,5 °C.
Gli investimenti annuali in nuova generazione elettrica rinnovabile dovrebbero quasi triplicare, da 486 miliardi di $/anno in media a 1.300 mld $.
Saranno necessari anche più investimenti per le reti elettriche e le tecnologie di flessibilità, come gli accumuli: 548 miliardi di $ ogni dodici mesi, circa il doppio rispetto alla media degli ultimi anni.
Le fonti rinnovabili dovrebbero quindi arrivare al 67% della generazione elettrica complessiva nel 2030, contro il 28% odierno.
Guardando al 2050, in una prospettiva di elettrificazione dei consumi, la quota dell’elettricità sui consumi finali passerebbe dal 20% al 51%, con un peso delle rinnovabili sempre più vicino al 100%, più nello specifico al 91% dei consumi elettrici.
Una fetta rilevante dei consumi (14%) sarebbe coperta con idrogeno (di cui il 94% sarebbe H2 verde da rinnovabili), tra usi diretti e indiretti tramite i cosiddetti e-fuel, carburanti sintetici ricavati appunto da idrogeno green e CO2.
Mentre il 16% dei consumi energetici mondiali sarebbe garantito dagli usi “moderni” delle biomasse, con impianti e tecnologie a elevata efficienza (invece gli usi “tradizionali” delle biomasse si riferiscono ad esempio alla legna da ardere nelle economie poco sviluppate).
Già al 2030 la quota delle rinnovabili dovrebbe raddoppiare, dal 16% del 2020 al 34%, per poi toccare il 77% nel 2050.
Osservazione importante: la quota di nucleare rimarrebbe stabile, al 6-7%, pertanto senza conoscere quindi quel nuovo boom di progetti che alcuni ritengono possibili.
Le fonti fossili sarebbero ancora dominanti fino al 2030 (60% delle forniture), per poi andare in pareggio con le rinnovabili cinque anni più tardi (47% a testa) e diminuire costantemente nei decenni successivi.
Come detto, si tratta di uno sforzo enorme che potrà essere conseguito solo se ci sarà una volontà politica molto più forte, in grado di accelerare gli investimenti soprattutto nelle economie emergenti.
Per ulteriori approfondimenti consultare l’articolo sul blog QualEnergia.it al seguente link